Dopo l’arresto del suo fondatore Pavel Durov, Telegram finisce al centro di un’indagine dell’UE per via di una grave violazione.
Continua a far discutere l’applicazione di messaggistica istantanea che, solamente qualche giorno fa, ha attirato l’attenzione internazionale in seguito all’arresto del suo fondatore Pavel Durov. Telegram, nota per essere una delle applicazioni più utilizzate del momento, è ora al centro di un’indagine dell’Unione Europea: sembrerebbe, infatti, che la società sia responsabile di una grave violazione che coinvolgerebbe anche i suoi utenti.
Sono passati ormai 11 anni dalla fondazione di Telegram. L’imprenditore russo Pavel Durov, insieme al fratello Nikolaj, ha dato vita alla piattaforma che oggi figura tra le più popolari al mondo. In poco tempo, l’applicazione si è guadagnata un notevole successo venendo scaricata da milioni di user e affermandosi come la principale concorrente della celebre WhatsApp.
I suoi punti di forza sono di sicuro l’alto livello di privacy assicurata agli utenti e la crittografia, caratteristiche apprezzate da coloro che tengono particolarmente alla tutela dei propri dati. Tuttavia, queste vengono anche sfruttare da chi utilizza l’app con scopi illeciti. Negli anni, infatti, Telegram ha iniziato ad essere usata anche per la diffusione di contenuti vietati (tra cui pornografia non consensuale e fake news) e per la vendita di prodotti illegali (come il traffico di armi e stupefacenti).
Telegram, aumentano i sospetti dell’Unione Europea: la violazione coinvolge gli utenti
Il ricorso a Telegram da parte dei cybercriminali, “protetti” dalla privacy che la piattaforma garantisce agli user, ha portato a diverse inchieste delle forze dell’ordine – in Italia come in altri Paesi. Fino ad arrivare all’arresto di Pavel Durov, avvenuto lo scorso 24 agosto in Francia. L’imprenditore è al centro di un’indagine che riguarda proprio i reati messi in atto da utenti malintenzionati e la presunta complicità in più crimini, con un totale di 12 capi d’imputazione.
A quanto pare, però, non si tratta dell’unico problema che la società dovrà affrontare in questo periodo: al momento Telegram è indagato per violazione del Digital Services Act (DSA). L’Unione Europea intende verificare se i dati forniti dal servizio in merito al numero degli utenti attivi mensili (MAU) siano reali o meno. La società, infatti, è tenuta ad indicare quanti user siano presenti sull’app attenendosi al regolamento dell’UE.
Lo scorso febbraio, Telegram ha fatto sapere di avere 41 milioni di utenti. Un numero al di sotto della soglia dei 45 milioni che, se superata, conferirebbe all’applicazione il titolo di “Very large online platform” (VLOP), ossia di servizio online di dimensioni molto grandi. Il che comporterebbe l’obbligo di rispettare norme più stringenti in tema di sicurezza e moderazione dei contenuti.
Negli ultimi mesi, Telegram non ha effettuato alcun aggiornamento relativamente al numero di utenti attivi mensili. Un comportamento sospetto per l’Unione Europea che, allarmata dalla poca trasparenza della società (già vista come una violazione del Digital Services Act), ha dato il via ad un’indagine tecnica, attuata dal Joint Research Center per constatare se le previsioni degli esperti siano veritiere: secondo questi ultimi, infatti, il servizio avrebbe effettivamente superato i 45 milioni di user.