Zuckerberg si difende in merito alle accuse che denunciano una presunta sottomissione agli organi governativi e chiede scusa.
L’arresto e il successivo rilascio su cauzione di Pavel Durov, fondatore di Telegram, ha gettato un’ombra sulla gestione dei social media in generale. Le innovazioni tecnologiche hanno favorito inevitabilmente lo sviluppo di nuove strategie criminali, in quanto i responsabili hanno appreso con il tempo come sfruttare al meglio i nuovi strumenti di comunicazione. Vendita di stupefacenti, pornografia, associazione a delinquere, violenza e cyberbullismo – sono solo alcune delle forme di reato che si sono consumate sulla piattaforma e di cui il suo proprietario dovrà rispondere nei prossimi mesi.
La comunità online ha tuttavia esposto una riflessione che ha dominato la rete nelle ultime ore: i medesimi crimini possono verificarsi anche su Instagram o Facebook, applicazioni delle quali il maniate Mark Zuckerberg risulta il garante. Quest’ultimo è quindi intervenuto, inviando una lettera alla Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti. Un mea culpa associato alle scuse pubbliche e alla promessa che nessun organo governativo potrà più esercitare pressioni che minino la libertà d’espressione.
Mark Zuckerberg chiede scusa ai suoi utenti
“Sono fortemente convinto che non dovremmo abbassare i nostri standard relativi ai contenuti a causa delle pressioni esercitate da qualunque amministrazioni” – ha scritto Mark Zuckerberg alla Camera dei Rappresentanti USA, dopo che l’arresto di Pavel Durov aveva coinvolto di riflesso il proprietario e garante di Meta. Proprio in occasione del recente dibattito sulla libertà d’espressione, quest’ultimo ha ammesso di aver ceduto alle pressioni del governo durante la pandemia del 2020. All’epoca vennero eliminati più di 20mila contenuti satirici, ironici e d’opinione sul coronavirus.
La giustificazione che giungeva all’utente vittima della censura spiegava l’accaduto come una scelta consapevole, in quanto ciò che aveva pubblicato risultava contro la politica aziendale. In realtà sarebbero stati i vertici USA a chiedere a Zuckerberg di limitare la diffusione delle informazioni sul tema. Inoltre, nello stesso periodo, all’azienda venne chiesto di rimuovere un contenuto relativo all’articolo pubblicato sul New York Post, il quale trattava del caso di corruzione che vedeva coinvolta la famiglia del Presidente Joe Biden.
“Credo che le pressioni esercitate dal governo siano state sbagliate” – si legge nella lettera – “e mi rammarico del fatto che non siamo stati più trasparenti in proposito”. L’imprenditore ha poi garantito che fenomeni di questo tipo non riaccadranno in futuro, promettendo ai suoi iscritti maggiore libertà.